La castagna è un frutto che spesso ha fornito nel passato l’unico alimento largamente disponibile per gli abitanti della bassa e media montagna, un alimento considerato povero, che oggi invece può rappresentare un’importante economia per il Paese, soprattutto per le zone marginali di montagna, dove oltre a garantire una buona fonte di reddito rappresenta anche una forma di tutela ambientale e paesaggistica.

Scopriamo allora i metodi di coltivazione e raccolta tradizionali e moderni, dove l’innovazione nelle agrotecniche uniscono la tutela della salute delle piante, la loro valorizzazione economica e il miglioramento genetico.

In Italia una delle zone più importanti per la castanicoltura è il Piemonte e qui l’economia legata al castagno coinvolge non solo le attività agricole, ma anche quelle forestali, l’ambiente e il paesaggio, l’edilizia e l’artigianato.
Il Centro Regionale di Castanicoltura del Piemonte si trova a Chiusa di Pesio nel cuneese, nato nel 2003 per iniziativa della Regione, dell’Università di Torino e delle Comunità Montane locali, sulla base del legame del castagno con la storia e le tradizioni locali, scommettendo sulle potenzialità della castanicoltura moderna. Qui Gabriele Beccaro, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie e Alimentari dell’Università di Torino, ci spiega come riconoscere le principali varietà di castagne e marroni e  racconta come si può contribuire con questo tipo di coltivazione a sostenere l’economia locale e la tutela della biodiversità.

 

Quali sono le sfide e le opportunità per la castanicoltura moderna?

Nel viaggio in Piemonte incontriamo Valter Bono, castanicoltore, che con la consulenza dell’Università, conduce un vero e proprio impianto frutticolo secondo moderne tecniche legate alla sostenibilità, sia nella tutela della salute delle piante che dell’ambiente.

Il viaggio nel mondo della castanicoltura prosegue poi in un bosco bellissimo per vedere un impianto tradizionale in alta Val di Susa dove Paolo Chiaberto, presidente della Cooperativa La Maruna tra antichi alberi raccoglie a mano il Marrone della Valle di Susa IGP, una delizia per il palato ma anche un modo per evitare l’abbandono della montagna e la cura della natura.

Qui incontriamo anche Giovanni Gamba, dottorando dell’Università di Torino, che ci racconta come preservare con metodi sostenibili la salute delle piante utilizzando strategie di difesa a basso impatto ambientale.

Il viaggio termina in cucina con la preparazione di una zuppa gustosa a base di castagne secche preparata dai cuochi della Fondazione Albatros di Messina, mentre Francesca Cerami, direttrice dell’Istituto per la promozione e valorizzazione della dieta mediterranea ci racconta il valore nutraceutico di questo prelibato frutto.

La puntata integrale tra la tradizione e l’innovazione in castanicoltura qui sotto:

Vediamo qui la preparazione della zuppa a base di castagne secche

Temi chiave della puntata

Le attività di ricerca in campo agronomico legate alla coltivazione della castagna sono orientate a fornire risposte scientifiche e tecniche alle problematiche del settore, contribuendo a rilanciare oltre che l’ambito produttivo, anche a migliorarne la competitività e valorizzare il castagno come albero da frutto, da legno e componente caratterizzante degli ecosistemi montani e pedemontani.

Problematiche affrontate

È cambiato molto il modo di coltivare le castagne: oggi soprattutto a valle ci sono veri e propri frutteti con alberi nuovi, mentre nelle aree montane si cerca di recuperare gli alberi esistenti con tecniche di cura delle piante innovative ma conservando la raccolta di tipo manuale e mantenendo i boschi curati, per evitare dissesto idrogeologico e valorizzare economicamente la zona.

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